🛑COMUNICATO DEL 27/07/2023
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Giovedì 27 luglio 2023
AGLI ORGANI DI INFORMAZIONE
Le recenti modifiche alla legge sui ristori bancari Fir rischiano di restringere la platea degli aventi diritto e di sottrarre duecento milioni alla dotazione del fondo
La nostra associazione negli ultimi sei mesi si è fatta promotrice di un emendamento presso il Ministero dell’economia e delle finanze, il Mef, teso a redistribuire i 540 milioni residui del Fondo indennizzo risparmiatori meglio noto come Fir. Come molti sanno tale fondo è stato istituito con una legge finanziaria dello Stato, la 160 del 27 dicembre 2019 e successive modificazioni, come parziale ristoro per i risparmiatori colpiti a partire dal 2015 dal collasso di alcune banche popolari nel Centro e nel Nord del Paese. A fine giugno di quest’anno abbiamo appreso dai media regionali veneti che una cabina di regia formata da alcune associazioni, alcune anche sconosciute ai risparmiatori, ha chiesto modifiche tecniche sostanziali della legge con l’asserito obiettivo di accorciare tempi e modi per la redistribuzione del residuo.
Veniamo oggi a conoscenza del fatto che le stesse associazioni che avevano plaudito alle modifiche all’emendamento da noi caldeggiato, ora hanno chiesto ad alcuni deputati di presentare un’interrogazione al ministro dell’Economia e delle finanze Giancarlo Giorgetti al fine di segnalare alcune problematiche di non poco conto sorte in merito alle tempistiche concesse per comunicare, ad esempio, eventuali cambi delle coordinate bancarie, gli Iban, da parte dei beneficiari. Lo stesso dicasi per le nuove incombenze burocratiche necessarie per accedere da parte degli aventi diritto, per l’appunto, alla nuova e ultima fase di redistribuzione delle spettanze. Il tutto ci appare quantomeno bizzarro.
In questo senso infatti ci sentiamo in dovere di segnalare che è dalla nostra assemblea del giorno 8 luglio scorso che denunciamo ritardi da parte di chi sarebbe dovuto intervenire per superare il gap che oggi fa tanto discutere nella gestione del portale informatico realizzato ad hoc dalla società statale Consap per il disbrigo delle pratiche Fir. Più nello specifico denunciammo ed evidenziammo con dovizia di dettaglio la insufficienza dei tempi concessi agli aventi diritto per adempiere rispetto alle nuove incombenze previste dalla norma di recente emendata.
Ancora, è da settimane che andiamo spiegando urbi et orbi che le modifiche apportate al testo dell’emendamento da noi inizialmente caldeggiato, avrebbero avuto effetti deleteri. Il motivo? Perché tali modifiche avrebbero inopinatamente stretto le maglie dell’accesso ai rimborsi a causa della creazione di uno specioso collo di bottiglia i cui effetti sono oggi evidenti. I fatti purtroppo ci stanno dando drammaticamente ragione. Le nostre previsioni si stanno rivelando azzeccate.
E di questo non possiamo certo rallegrarci: i risparmiatori si trovano ad affrontare nuove difficoltà e ulteriori rischi di esclusione, a partire dalle complicazioni dovute alla necessità di segnalare eventuali cambi delle coordinate bancarie dei beneficiari, gli Iban appunto, in una risicatissima finestra temporale che va dal 13 luglio 2023, data in cui tra diversi intoppi, è stato riattivato il portale digitale del Fir, al 31 luglio 2023.
Il tutto peraltro deve avvenire in forma esclusivamente digitale. Il che mette in difficoltà gli anziani e coloro i quali non dispongono di un adeguato accesso al web: sia in termini di connessione, sia in termini di apparecchiature, sia in termini di applicativi digitali. Il tempo sta per scadere e molti risparmiatori sono colti da inquietudini di ogni tipo.
Al fin fine il risultato del pressing politico di queste associazioni si sta dimostrando una iattura: per due motivi. Uno, l’emendamento così modificato rischia realmente di escludere molti risparmiatori dal nuovo riparto. Due, così procedendo si rischia di sottrarre la bellezza 200 milioni, Euro più Euro meno, alla dotazione e alla redistribuzione del fondo, inizialmente alimentato dallo Stato con 1,5 miliardi.
Ora per la testa ci sta frullando un dubbio. Ci domandiamo se le associazioni che tanto si sono prodigate per ottenere dal governo e dal parlamento queste modifiche davvero conoscano i meccanismi del Fir nonché le difficoltà operative che la sua erogazione a famiglie e privati comportano. Siamo perplessi. Anzi siamo allibiti e sbigottiti. Il fatto che coloro i quali tanto hanno spinto per ottenere le modifiche all’emendamento a noi caro, oggi corrano ai ripari caldeggiando una interrogazione parlamentare che è stata indirizzata al Mef dall’onorevole azzurro Pierantonio Zanettin suona a noi come una sardonica beffa.
In buona sostanza chi tanto si è speso perché governo e parlamento modificassero all’istante l’emendamento alla legge da noi caldeggiato, ora sta chiedendo a palazzo Chigi, a Montecitorio e a palazzo Madama di riportare di riportare le lancette dell’orologio normativo al momento in cui la legge si sarebbe potuta virtuosamente cambiare sulla scorta delle nostre richieste. Che senso ha tutto ciò? Siamo su Scherzi a parte? Che senso ha darsi da fare per ottenere il cambio di una legge per poi lamentarsi al fine di ritornare al punto di partenza? Dove diavolo sta la ratio di tutto ciò?
Non è che la condotta delle ultime settimane da parte di alcune associazioni nasconda la necessità di mettere una toppa ai disagi provocati da una politica forse non troppo attenta agli effetti deleteri che le modifiche su una legge che così come l’avevamo concepita noi possono avere sugli aventi diritto?
Ricordiamo a tutti che in passato questi cittadini avevano già dovuto patire le pene dell’inferno a causa de crac di Veneto banca, di Banca popolare di Vicenza e degli altri istituti. Il bailamme di queste settimane è sufficiente a far comprendere a lorsignori dei palazzi che l’emendamento da noi inizialmente caldeggiato alla norma dedicata ai rimborsi Fir avrebbe potuto dar vita ad una buona legge se lasciato così come lo avevamo pensato?
Forse sette anni di battaglie, di palazzetti riempiti col passaparola da migliaia di persone, di manifestazioni di piazza imponenti, di attivismo a 360 gradi, non sono bastati alla politica per comprendere quanto fossero radicate e razionalmente sostenute le nostre istanze? Quale è il corto circuito che ci sfugge? Che cosa è successo in questi mesi all’interno del palazzo?
L’unica cosa certa è che qualcuno in seno al governo, qualcuno del quale all’oggi non ci è dato sapere il nome, ha deciso di dare credito ad alcune associazioni che si sono fatte latrici di una proposta pasticciata che adesso sta dispiegando tutti i suoi effetti negativi. E non accorgersi che questo sarebbe stato l’esito quando chi siede nei ministeri e nelle commissioni parlamentari ha a disposizione funzionari, uffici studi, uffici legali ed expertise di spessore, ci fa pensare a qualcosa di lugubre. In ultimo, questo ennesimo cambiamento tardivo che si affaccia all’orizzonte servirà davvero a qualcosa? Oppure servirà solo a salvare le apparenze?
Luigi Ugone
presidente della associazione” Noi che credevamo”
nella Banca popolare di Vicenza e in Veneto Banca
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